LUOGO DELLA MEMORIA

Majano
Arch. Gianfranco Pezzetta

Le piazze dei borghi erano nel loro “unicum”, nel loro “genius loci” impresse nella memoria dei loro abitanti. Ogni piccolo centro fatto di architettura spontanea, pur con materiali poveri e ripetitivi, acquisiva una caratteristica ben precisa di monumentalità riconoscibile in quel luogo e in nessun altro. In questo intervento del monumento della Memoria del 6 maggio 1976, si è voluto ricreare la memoria del borgo, dei vuoti urbani, delle piazze e delle corti, recuperando le forme dell’architettura del luogo: il muro, il rapporto fra strada e corte, i materiali, la continuità della cortina (muro o edificio) costruita lungo la strada, le aperture.
L’obiettivo principale è stato quello di costruire una piazza, una corte chiusa da un recinto di verde e di muri. Su via Roma, in allineamento ai volumi esistenti è stato costruito un muro intonacato di ml. 5,0 di altezza, come frammento e memoria delle preesistenze che è diventato raccordo geometrico e “costruito” con le rimanenti parti della quinta viaria. Lateralmente, in basso, due muri rivestiti in pietra seguono a gradoni il dislivello mentre, in alto, due filari di tigli schermano la visuale verso i fianchi delimitando l’area con una quinta naturale. Verso via Galilei, dove la trama edilizia si fà più rada ed i volumi diventano meno incombenti, il fronte si presenta con un profilo di verde più basso che permette di cogliere visivamente l’intero intervento. La zona inferiore, delimitata su tre lati dalle quinte murarie e dal verde dei tigli si apre verso la zona sopraelevata con distinti momenti di percezione visiva: un muro d’acqua che scende a cascata in uno spazio raccolto, la scalinata che dolcemente porta verso via Galilei, le rampe del verde e dell’acqua.
Dall’esterno le porte fanno intravedere l’intero intervento, come nei borghi i portoni facevano intravvedere l’interno dei cortili, mentre dall’interno della piazzetta, leggermente incavata rispetto alla strada, perviene filtrato ed attenuato il rumore e la percezione del traffico. Il portale centrale coincide con l’asse prospettico che si prolunga a nord oltre l’intervento, sin verso via Galilei che è stata anch’essa alberata con due filari di tigli. 
L’acqua vuole rappresentare la vita. Come forza vitale, l’elemento liquido sgorga dalla sorgente nella parte sopraelevata del terreno, prende velocità nelle rampe affiancate di verde, per poi fluire nella piazzetta pavimentata retrostante la quinta viaria e sparire alla fine di nuovo in una lunga fenditura che taglia in diagonale il percorso. Lungo la spaccatura nella pavimentazione, una scritta incisa nella pietra a ricordo del 6 maggio 1976 che è stata scelta dai familiari di una delle vittime del crollo del condominio, da “ I Turcs tal Friûl” di Pier Paolo Pasolini:
Strenzinsi ta l’ombrena da li nustris ciasis, cristians, cà, sensa domandasi mai nuja, nuja ch’i sin, pognès tal grin dal Signòur. Amen.
Pier Paolo Pasolini – 6 maggio 1976

Stringiamoci all’ombra delle nostre case, cristiani, qui, senza nulla chiederci mai, ché nulla siamo, supini in grembo al Signore. Amen. (traduzione di Ariedo Puppo).