La ricostruzione post terremoto
La ricostruzione post terremoto
UN MOMENTO DI CRESCITA COLLETTIVA ED INDIVIDUALE DEGLI ARCHITETTI FRIULANI
L’iniziativa dell’Ordine degli Architetti PPC di Udine, “Progetti di ricostruzione”, racconta alcuni dei progetti che sono stati ideati e realizzati dagli architetti per contribuire alla eccezionale ricostruzione del territorio dopo il terremoto del 1976.
La ricostruzione post terremoto è stata un momento di crescita collettiva ed individuale degli architetti friulani, per molti una grande occasione.
I video che “Progetti di ricostruzione” ha realizzato raccontano alcuni momenti importanti della rinascita della regione, coprendo l’intero arco temporale della vicenda e mettendo assieme sia alcuni primi episodi sia interventi molto più recenti.
Nei video gli architetti spiegano in 10 minuti, raccontando e disegnando, il loro progetto seguendo grossomodo la stessa traccia di racconto: per quale motivo l’architetto è stato scelto dal committente, quale era la condizione del sito dopo il terremoto, quali vincoli poneva il contesto, quali sono gli elementi essenziali del progetto di ricostruzione, anche rispetto a quanto c’era precedentemente al sisma.
Affrontando la ricostruzione si è trattato, infatti, tanto – in termini pragmatici – di poter progettare e realizzare qualche opera o molte, tanto – nei termini della riflessione disciplinare – di chiedersi quale paesaggio urbano ricostruire e quale linguaggio architettonico utilizzare, ma anche quale relazione stabilire con le comunità o i singoli che avevano subito il disastro e pertanto erano dei clienti particolari, certamente diversi dai consueti. Nelle parole di Giorgio Dri è stata una “esperienza esaltante, di grande formazione professionale di grandissimo interesse sociale e umano, oltre che personale.”
Nei video gli architetti raccontano i loro progetti, perchè questi sono la parte più importante dell’impegno dell’architetto e sono essenziali per comprendere il senso di quanto viene realizzato; di solito, quando – raramente – si parla di architettura, viene descritta e valutata la realizzazione e non viene dato spazio alla genesi dell’idea, a come il contesto ha influenzato le scelte, alla definizione del disegno ed ai suoi progressivi cambiamenti, alla relazione con il committente.
Nel caso della ricostruzione post terremoto, nella quale quasi sempre quanto è stato ri-costruito è diverso da quanto esisteva precedentemente al disastro, capire l’idea del progetto che ha iniziato la realizzazione è particolarmente importate.
Per molti giovani architetti friulani la ricostruzione post terremoto è stata una palestra eccezionale per la possibilità di mettersi alla prova anche senza esperienza, vista la grande quantità di lavoro da affrontare. Nelle parole di Riccardo De Santis risuona ancora la passione dell’allora neolaureato formatosi con Carlo Scarpa.
Per molti si è trattato di avere a che fare, per la prima volta, con una clientela popolare, che normalmente non avrebbe chiesto il servizio dell’architetto. Questa relazione con esigenze altrimenti non intercettabili ha contribuito a cambiare la professione.
Nella ricerca di chi filmare è risultato evidente che gli architetti non sono stati i principali interlocutori del processo della ricostruzione, cioè hanno dato il loro contributo, ma in piccola parte rispetto alla enorme quantità di azioni di ricostruzione.
Molti momenti di questi video sono magistrali, come la passione civica di Pirzio Biroli, il disegno della bifora, la trifora e il portale di Pittini, il pragmatismo asciutto di Tenca Montini, il dettaglio della spiegazione compositiva di Gennaro, solo per ricordarne qualcuno.
L’insieme dei racconti mostra come ricostruire “come era dove era” non era possibile e quasi sempre non è stato preso in considerazione quando si è trattato di passare, sempre il più velocemente possibile, all’azione. Il riordino fondiario – strumento ri-organizzativo della proprietà simile al riordino agrario – ha cambiato il paesaggio dei borghi, per non riproporre la complessità della sedimentazione storica dell’assetto insediativo e dei tracciati: l’opportunità di riconfinamenti, rettifiche, accorpamenti, allineamenti per razionalizzare l’impianto non sembra sia stata messa in discussione. L’insieme dei racconti mostra come il Modello Friuli – se è esistita una organizzazione che possa chiamarsi “modello” – fu una pratica di gestione e non una pratica di interesse morfologico; come ricorda l’architetto Molinari il modello ha garantito grande flessibilità nella pratica di attuazione degli interventi pur in un quadro normativo coerente; il modello, cioè il decentramento delle decisioni, però ha fatto sì che ogni caso fosse a se stante.
L’idea di “Progetti di ricostruzione” è di costruire un piccolo archivio, che potrà essere strumento di studio e di divulgazione, che ribadisca l’importanza del progetto architettonico.
Paola Pellegrini